martedì 31 marzo 2015

“Storia di chi fugge e di chi resta”, Elena Ferrante

Non si fa altro che parlare di Elena Ferrante, a quanto pare, e non solo in Italia. Anche all’estero, escono le traduzioni dei suoi libri, si pubblicano recensioni e articoli in cui si fanno congetture sulla sua identità. Qui in Inghilterra non vi è libreria in cui non sia esposta la tetralogia napoletana, in moltissime librerie Waterstone (dove i commessi espongono sugli scaffali i loro libri preferiti, apponendo fascette ad hoc in cui spiegano cosa amano e perché il cliente dovrebbe leggere un certo romanzo) “L’amica geniale” è indicata tra i “colpi di fulmine” dei lettori. In Italia insieme alla fama della tetralogia cresce la schiera dei suoi detrattori, in uno stile che, come avevo gia denunciato in un post precedente, è molto italico (e alquanto odioso). Sei famoso e vendi? Ti amano all’estero? Per forza ti dobbiamo snobbare (arrivando al punto di paragonare i tuoi libri a dei romanzetti rosa un po’ pruriginosi), dobbiamo odiare ciò che scrivi e trovare qualcosa di losco nel tuo successo. Se poi sei una donna (forse) che scrive di donne, e se non vuoi mostrare da anni il tuo volto ai giornalisti e ai tuoi lettori, allora sei anche colpevole di qualche strano giochetto editoriale, di codardia o di chissà quale altro imperdonabile crimine. Ho già scritto un paio di volte di Elena Ferrante (troverete nel blog la recensione de “L’amica geniale”), e sono una delle sue ammiratrici, seppur non della prima ora. Il mondo dei lettori a quanto pare si divide tra i suoi accaniti fan e i suoi imbestialiti antagonisti. Con la candidatura allo Strega, preparatevi a sentirne molto parlare (male o bene).
Ma passiamo a cosa davvero mi/vi interessa: “Storia di chi fugge e di chi resta”. Lena e Lila sono cresciute. Lena ha studiato alla Normale di Pisa, si è laureata, ha conosciuto Pietro Airota, figlio di una famosa coppia di intellettuali e accademici, e sta per sposarlo. Ma soprattutto l’avevamo lasciata alla fine di “Storia del nuovo cognome” a presentare il suo primo romanzo e a ritrovarsi davanti, dopo anni, il suo primo amore, Nino Sarratore, tornato dal passato come un fantasma. Lila invece vive la sua difficile condizione di donna separata e di madre single. Lavora in una fabbrica di insaccati e deve lottare per la sopravvivenza quotidiana con la sua solita ferocia. Come spesso è accaduto nel passato, la loro amicizia sembrava finita, ma poi, nel momento del bisogno, Lila è ricomparsa, portando squilibrio e insicurezza nella vita di Elena. Questa si trasferisce a Firenze e comincia la sua nuova vita di moglie e madre, divisa tra il suo bisogno di primeggiare e lavorare al suo secondo romanzo, l’impegno politico, e il suo desiderio di dimostrare al mondo, a Lila, ma soprattutto a se stessa, di aver meritato il proprio successo, ma anche tra la maternità, la mancanza di tempo, la dura scoperta della vera natura di Pietro, egoista e problematico, concentrato solo sulla propria carriera e insensibile ai bisogni e ai desideri della moglie. Lila e Lena crescono e affrontano la disillusione della vita, a distanza ma in qualche modo unite dal loro rapporto di amore e odio, di viscerale sorellanza e di morbosa competizione. Le insicurezze di Lena sono le insicurezze di tutte noi: sempre alla ricerca della perfezione, del miglioramento, ma non per un bisogno personale, quanto per mettere a tacere la paura di non essere all’altezza di coloro che la circondano, di non essere degna della loro fiducia. Nonostante l’università e la carriera di scrittrice, Elena Greco resta Lenuccia, la ragazzina insicura del rione, che cerca disperatamente l’approvazione di tutti, che tenta di dimostrare di essere migliore di Lila, suo punto di riferimento e modello. Il loro rapporto contorto, spesso incomprensibile e contraddittorio, è il motore e l’anima di questo terzo capitolo della tetralogia. L’amore è forte ma a tratti pare dominare l’odio, la volontà di ferire e di ferirsi. Perché se Lila soffre, soffre anche Lena, ma questo non le ferma nel loro gioco autodistruttivo. Lila continua a vedere nell’amica la sua via di fuga dal rione, da Napoli, dalla grama vita a cui è stata destinata, ma nel far ciò diventa spietatamente esigente e crudelmente critica verso l’amica, che invece vorrebbe solo sentire l’appoggio, l’approvazione e, soprattutto, l’invidia dell’altra, la sua ammissione di aver perso la guerra instaurata nell’infanzia. Ma Lena e Lila sono indivisibili perché sono una diversa sfaccettatura della stessa donna, forte, indomita, incapace di accettare in silenzio le regole imposte da un mondo in cui sono gli uomini a dominare, in cui le donne hanno potere tra le mura di casa e solo se fanno il gioco dei loro padri, fratelli, mariti. Gli uomini, nella tetralogia de “L’amica geniale” sono tutti tristemente uguali, qualunque sia la loro estrazione sociale e la loro educazione. Deboli, spaventati dai cambiamenti del mondo (in questo libro stiamo attraversando gli anni ’70 con le loro rivoluzioni culturali e con la nascita del movimento femminista), violenti quando sentono vacillare il dominio imposto alle loro donne. Ma se le loro madri hanno sempre accettato il giogo e la violenza, rinunciando alle ambizioni personali a scapito dei bisogni dei loro mariti, Lila e Lena sono diverse, sono embrioni di donne moderne, che vogliono emanciparsi, che vogliono i loro desideri (anche sessuali) diventare realtà, ma che ancora devono scontrarsi con l’educazione loro impartita, con la cultura forte e difficilmente cancellabile del rione. È emblematico che Lena tenti di far parte di un gruppo di intellettuali femministe a Firenze, o cerchi di accettare le idee e il comportamento della cognata Mariarosa, libertina, comunista e fortemente femminista, ma che in fondo tenda sempre a giudicare con gli occhi di sua madre, la verace casalinga napoletana che si scandalizza per un matrimonio civile. Ma questo rende le due protagoniste delle donne vere di un’epoca che ormai potrebbe sembrare lontana, donne combattute e sfaccettate, che cercano di conquistare la libertà coi loro mezzi personali e non attraverso il percorso prestabilito da altri. Lo stesso vale per la lotta sindacale di Lila, che rinuncia formalmente al supporto del partito comunista e intraprende una battaglia personale, quasi fisica, contro il suo datore di lavoro.
“L’amica geniale” e i romanzi che compongono questa tetralogia sono moltissime cose, ma di certo non sono un romanzetto rosa per casalinghe disperate. Sono una storia vera e vibrante di donne che lottano, spesso con metodi sbagliati, per ottenere una vita migliore. Sono una storia d’Italia vista con gli occhi dei più deboli, dove i grandi fatti sono sfondo di esistenze vere, e tragedie personali e storia si mescolano, diventano inseparabili. È una storia di amicizia e sorellanza che sconfigge il tempo, è il racconto di due donne che vogliono farcela.
Non so se Elena Ferrante sia una donna, un uomo, un gruppo di scrittori, un’operazione commerciale ben architettata e riuscita. Ma so che “Storia di chi fugge e di chi resta” è l’ennesimo splendido libro che porta questo nome in copertina. Vedremo quale sarà il verdetto dello Strega, vedremo molti, moltissimi altri articoli in cui si faranno congetture, in cui si criticherà, in cui si faranno paragoni ridicoli, molti, moltissimi altri in cui si loderà con passione l’opera di questo fantasma letterario. Non so quanto questo possa giovare al panorama culturale italiano, non so neppure se questo davvero mi interessi. Ma come lettrice non vedo l’ora di leggere “Storia della bambina perduta”, perdermi tra le sue pagine, amare, odiare, vivere con Lila e Lena per un’ultima indimenticabile volta. 

domenica 29 marzo 2015

“Il Baco da Seta”, Robert Galbraith

Cormoran Strike ritorna dopo il successo de “Il richiamo del cuculo”. Sono passati alcuni mesi da quando il detective ha risolto il misterioso caso Lula Landry, la supermodella londinese precipitata dal balcone di casa propria. La fama acquistata grazie al caso Landry lo ha aiutato a espandere la propria clientela, a sistemare le proprie finanze, e così facendo ha potuto offrire un posto fisso alla fida e brillante Robin, la segretaria che lo ha aiutato in precedenza. Le loro esistenze stanno lentamente tornando alla normalità, da quando l’interesse della stampa è calato. Robin sta per sposare Matt, nonostante le divergenze che riguardano il lavoro della ragazza, che il fidanzato non approva; Cormoran ha finalmente un appartamento, si occupa di più del proprio moncherino, ha molto lavoro, per lo più amanti, mogli e mariti fedifraghi da sorvegliare, e sta dimenticando Charlotte, dopo sedici anni di burrascosa relazione. Un giorno la tranquilla routine del detective e della sua assistente viene sconvolta dall’arrivo in ufficio di Leonora Quine, che denuncia la scomparsa del marito, lo scrittore Owen Quine. L'uomo si è dato alla fuga dopo una furiosa lite pubblica con la sua agente, a causa del suo ultimo libro, Bombyx Mori, il baco da seta, un romanzo crudo e allegorico in cui lo scrittore si dipinge come vittima di una serie di personaggi, in cui sono facilmente individuabili persone autorevoli dello scenario editoriale londinese: oltre alla moglie e all’amante, Kathryn Kent, infatti Quine deride e accusa la propria agente, Elizabeth Tassel, il suo editor, Jerry Waldegrave, l’editore, Daniel Chard, e un famoso scrittore di fama internazionale, Michael Fancourt, suo acerrimo nemico da anni. Il libro non ha visto le stampe, a causa del suo contenuto volgare e diffamatorio, ma l’intero panorama editoriale e culturale londinese ne parla, proprio per via delle dure accuse che Quine, allegoricamente ma non troppo, lancia a coloro che considera i fautori della propria sfortuna letteraria. Il romanzo si conclude con i sette personaggi che Bombyx Mori incontra lungo il suo viaggio che lo uccidono e fanno scempio del suo corpo, banchettando della sua carne. Cormoran inizia la ricerca, tentando di capire meglio Quine, un narcisista eccentrico e piuttosto perverso, e di carpirne i segreti attraverso i reticenti racconti della moglie, i pettegolezzi e le mezze verità degli addetti ai lavori della sua casa editrice. Ma la situazione precipita quando il corpo di Quinde viene ritrovato, orribilmente mutilato e sventrato, come quello del protagonista del suo romanzo. Tutti gli indizi portano a Leonora, ma l’istinto di Strike lo spinge a indagare, per tentare di risolvere un mistero sempre più fitto. Chi poteva conoscere il finale di un libro tenuto segreto? E chi odiava Owen Quine a tal punto?
J.K.Rowling torna a scrivere sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith e torna con un giallo molto ambizioso. Caduta la maschera di anonimato che l'aveva protetta all'uscita de "Il richiamo del cuculo", le aspettative erano tante, soprattutto tra i suoi fans. E queste probabilmente rimarranno solo parzialmente soddisfatte. La Rowling scrive bene, come già detto in precedenza dopo l'uscita de "Il seggio vacante", ha un'ottima capacità di descrivere i personaggi, di renderli umani e vivi. La narrazione è piena di ritmo, difficilmente ci si stacca dal libro prima del finale. Ma l'opera è forse un po' troppo pretenziosa nell'insieme. Mette moltissima carne al fuoco che però poi viene un po' dimenticata (io sono checoviana, se nella prima scena del dramma, c'è un fucile appeso alla parete, questo dovrà sparare nell'ultimo atto). Forse ambientare un giallo nel mondo dell'editoria è un po' pericoloso, visti i complessi meccanismi che la regolano, anche se è molto interessante la critica che la Rowling rivolge ai propri colleghi e collaboratori (con meno volgarità e più classe del Bombyx Mori di Quine, ma anche lei pare togliersi qualche sassolino dalla scarpa). Di certo è un poliziesco molto piacevole seppur con qualche pecca narrativa, ma forse meno riuscito de "Il richiamo del cuculo".

giovedì 12 marzo 2015

“Longbourn House” , Jo Baker

Longbourn si sveglia prima dell’alba, al canto dei galli, e subito cominciano le frenetiche faccende per portare alla vita la casa della famiglia Bennett. Sarah, strofinando nell’acqua gelata le sottovesti inzaccherate di fango di Elizabeth Bennett, pensa che se la sua giovane padrona e le sue sorelle dovessero anche solo una volta occuparsi del proprio bucato, forse sarebbero più attente durante le loro passeggiate. Avete letto bene:  Longbourn ed Elisabeth Bennett. Stiamo parlando di “Orgoglio e Pregiudizio” ma leggendo questo piacevole romanzo di Jo Backer non aspettatevi molte crinoline, nastri e the delle cinque, ma piuttosto torte che attendono di essere infornate, panni da lavare e pavimenti da spazzare. Siamo a casa Bennett, i Bingley sono appena arrivati a Netherfield Park, la milizia si sta accampando a Meryton, e le vicende delle sorelle più famose della letteratura inglese ci vengono raccontate dal punto di vista di coloro che in “Orgoglio e Pregiudizio” rimangono nell’ombra: la servitù. Sarah è la protagonista: ha vent’anni e, seppur Longbourn  sia l’unico mondo che abbia mai conosciuto, sente che  suoi piccoli confini la stanno soffocando. La sua vita, scandita dai ritmi delle faccende domestiche, viene sconvolta dall’arrivo del misterioso James Smith, assunto come cocchiere e domestico dai Bennett, che legge libri di filosofia e nasconde una borsa di conchiglie. Dapprima piena di speranze e di aspettative, il giovane è infatti il primo uomo, oltre a Mr Bennett e a un vecchio servitore, a fare parte della sua vita, Sarah ben presto si ritrova a detestare James e la sua alterigia. Fin dall’inizio è chiaro che la storia di James e Sarah, nonostante l’escalation di incomprensioni, l’orgoglio e il pregiudizio, sia destinata a seguire il destino di quella che sta sviluppandosi al piano superiore, tra Elizabeth Bennett e Mr Darcy. Ma purtroppo il percorso che porta alla felicità è costellato di ben altri ostacoli per coloro che provengono dalle fasce più povere della popolazione e James e Sarah dovranno lottare duramente per vedere il loro amore trionfare.
“Longbourn House” è un romanzo piacevole e senza particolare infamia né lode. La vita quotidiana della servitù in una casa di inizio Ottocento, di medie dimensioni e di limitati mezzi economici è descritta in modo molto veritiero, ed inoltre viene approfondito il contesto storico in cui si svolgono le vicende, del tutto assente nell'opera originale (oltre alle idilliache campagne inglesi c'è un'Europa flagellata dalle guerre e dal bonapartismo). Le storie della governante, Mrs Hill, di suo marito e della piccola Polly si intrecciano con le avventure di Sarah e James rendendo vivido e a tratti struggente il racconto. A non uscirne benissimo invece sono i personaggi principali di “Orgoglio e Pregiudizio”. Le sorelle Bennett sono oziose e frivole e, per quanto gentili con Sarah, sono spesso dipinte dalla loro cameriera come viziate ed egoiste. Mr Darcy viene affrontato direttamente dalla giovane solo una volta e l’impressione è che il pregiudizio di Elizabeth non fosse poi tanto infondato. Ma anche se avete amato molto il tagliente e sagace Mr Bennett dovrete subire una bella doccia fredda. Questo è un romanzo che può piacere sia ai fans di “Orgoglio e Pregiudizio” (è sempre bello tornare nei luoghi amati) ma che non è indirizzato esclusivamente a coloro che hanno letto il celeberrimo romanzo di Jane Austen. Le due opere infatti si integrano e procedono perfettamente in parallelo, e Polly, Sarah e Mrs Hill raccolgono le confidenze dei padroni, origliano le loro conversazioni, sono sempre presenti, seppur nell’ombra, ad ogni evento importante della famiglia Bennett, che ci viene quindi narrato da un punto di vista del tutto inedito.