sabato 25 ottobre 2014

Un lungo silenzio


Sono svariati mesi che non scrivo un post. Molte cose sono cambiate nella mia vita (anche se resto, per ora, un “cervello in fuga”, precario, e sempre alla ricerca di me stessa) e il tempo per scrivere delle mie letture è venuto spesso a mancare. Forse, se devo essere sincera fino in fondo, anche un po’ l’ispirazione, la voglia di trovare sempre qualcosa di bello o particolare in ogni libro che leggo, e il desiderio di raccontare le emozioni che leggere suscita. Questo non significa che io non abbia letto nulla di bello o interessante in questi mesi. Molto del mio tempo è stato risucchiato (è la parola più appropriata, credo) da una lettura non proprio in linea con i miei gusti e con questo blog: le “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George RR Martin. Su consiglio del mio fratellino, appassionato e devoto lettore, mi sono lanciata in questa titanica avventura. Rimanendone inaspettatamente e irrimediabilmente invischiata. Mi si è aperto un vero e proprio mondo in cui tra amici partono lunghe e minuziose discussioni psicologiche su personaggi di fantasia che però vengono trattati come amici di lunga data, teorie sugli sviluppi della trama (le prove del DNA in certi casi farebbero comodo, anche nell’epoca indefinita del mondo del nostro Georgione). Per non parlare delle ossessionanti paure sullo stato di salute dello scrittore (“Ma le sue coronarie come staranno? Riuscirà a scrivere questi due ultimi libri? Lo vedo ingrassato e stanco.”). Sono stata addirittura abbordata da perfetti sconosciuti che, dopo aver sbirciato il mio ereader, mi chiedevano “Leggi le “Cronache del ghiaccio e del fuoco”? Cosa ne pensi? Qual è il tuo personaggio preferito (Arya, che domande!)? A che punto sei?”. Insomma, un mondo parallelo che ruota attorno a una serie di libri che non hanno la pretesa di essere grande letteratura ma che spingono milioni di persone a leggere e ad appassionarsi, a parlare e ad amare un romanzo. Come posso non adorare una cosa del genere? E poi sì, sono terribilmente nerd, non potevo che scoprire di amare il genere fantasy!
Ma non sono solo state le migliaia e migliaia di pagine delle “Cronache” ad avermi impegnata. Ho viaggiato per l’Europa con Edmond Dantes alla ricerca della vendetta perfetta, ne “Il conte di Montecristo” (sublime romanzo!), sono stata a Belleville con la tribù Malaussene, ne “Il signor Malaussene”, esplorato Londra, dalle periferie multietniche di Zadie Smith in “NW”, ai sobborghi più borghesi di Nick Hornby (“Non buttiamoci giù”), fino al cuore della moda con Robert Galbraith/ JK Rowling e il suo sorprendente “Il richiamo del cuculo” (per gli appassionati del genere poliziesco una lettura caldamente consigliata). Sono passata per un paio di letture che da anni avevo nella mia lunghissima lista “Da leggere”: “Le ore” di Michael Cunningham, una delicata riflessione sull’omosessualità, la depressione e il suicidio, e “Fight Club”, che ovviamente non ha bisogno di grandi introduzioni.  E poi “Storia del nuovo cognome” di Elena Ferrante, secondo capitolo de “L’amica geniale”, sempre cristallina, scorrevole e coinvolgente. E poi due bellissimi libri di due scrittrici africane: “We need new names” (edito da Bompiani con il titolo “C’è bisogno di nuovi nomi”) di NoViolet Bulawayo e “Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie (appena uscito per Einaudi). Sono due romanzi molto diversi ma che parlando entrambi di donne che lasciano l’Africa per realizzarsi negli Stati Uniti, e che trattano il delicato tema dell’emigrazione in modo encomiabile, perché entrambe lo hanno vissuto in prima persona. Sono entrambe, la Bulawayo e la Adichie, giovani, vitali e molto originali. In particolare, “Americanah” mi ha convinta a riprendere in mano il blog e a ricominciare a parlare di libri. Ne leggerete prestissimo, nel prossimo post. 
State sintonizzati.

Nessun commento:

Posta un commento