venerdì 24 agosto 2012

"I miserabili", Victor Hugo


Eh sì, io sono decisamente un’amante delle imprese difficili e soprattutto ho una segreta passione: i romanzoni infiniti del 1800. Non so resistere al segreto fascino di quei volumi enormi, molto spesso vecchi e polverosi, a quelle storie complesse, intricate, drammatiche fino al paradosso, a quelle digressioni lunghe decine e decine di pagine in cui il romanziere di turno ci spiega tutto (ma proprio tutto) di un evento storico, di una tradizione, degli usi e costumi di chissà quale strana popolazione delle sperdute steppe russe. Non ce la faccio, è più forte di me, appena scattano le vacanze io vengo calamitata verso il mio romanzone di turno. E così mi vedrete in spiaggia con i miei tomoni enormi, invece di brandire con disinvoltura “Harmony”, varie sfumature o giornaletti di gossip. Che devo farci? L’istinto è istinto, e come saprà chi legge questo blog, io alla voce dei libri che ti chiamano credo più che mai. Quest’anno a chiamarmi è stato “I miserabili”. Quelle letture da ombrellone. Erano anni che lo sentivo ronzare e quest’estate è stata decisiva.
Che dire de “I miserabili”? Non è certo semplice muovere delle critiche a Victor Hugo! Il romanzo narra le vicende di vari personaggi nella Parigi post Restaurazione, seguendone le vicende per circa 20 anni (dal 1815 al 1833). I protagonisti indiscussi dell’opera appartengono agli strati più bassi della società e danno addirittura il titolo all’opera: sono persone poverissime, ex galeotti, prostitute, monelli di strada, borghesi decaduti. È una storia di cadute e di risalite, di peccati e di espiazione, un continuo cammino verso la redenzione e il miglioramento di sé stessi. La strada è difficile e solo i buoni ce la possono fare, mentre gli inetti e i malvagi ricadono in un baratro buio e orribile di miseria morale. Il personaggio principale di questa via di redenzione è il misterioso ex forzato Jean Valjean. Egli ha scontato diciannove anni di galera per aver rubato un tozzo di pane ed è abbrutito e indurito da quel duro regime che gli ha rubato l’intera giovinezza. Grazie all’incontro con un povero vescovo investito di santità, egli capisce che la sua missione nella vita è quella di redimersi e fare del bene, mettendo le vite altrui di fronte alla propria. È di qui che iniziano tutte le vicende delle quali Jean Valjean è una sorta di centro di gravità a cui tutto si ricollega: c’è Fantine, bella e gioiosa, costretta a vendere se stessa pur di garantire un qualche tipo di esistenza alla figlia Cosette; i Thénardier, malvagi e avidi locandieri che crescono Cosette come una schiava e diventano presto truffatori professionisti, abbagliati dalle speranze di facili guadagni; c’è la stessa Cosette, dolce e innamorata adolescente che diventa faro dell’esistenza di Valjean; Marius Pontmercy, giovane studente ripudiato ed idealista che rimane abbagliato dalla ragazza. E poi c’è Parigi, con i suoi drammi, la sua povertà, la sua tragica bellezza fatta di vite che si intrecciano e si perdono, come i monelli delle sue strade. E c’è la Storia, che trascina i suoi protagonisti verso il loro inesorabile destino.
Devo ammettere che la storia di Jean Valjean mi ha conquistata: non c’è nulla che sia mai stato scritto che non si possa anche trovare ne “I miserabili”, è una sorta di enciclopedia del romanzo. Certo la lettura non è decisamente scorrevole: ad ogni nuovo capitolo di accompagna una digressione, una parentesi, in cui Hugo ci istruisce su vari temi storici, sociali, culturali della Francia post-rivoluzionaria, che non sono esattamente leggeri da affrontare. Ovviamente sono anche estremamente interessanti, ma come sapete io tento sempre di dirvi chiaro e tondo cosa si deve affrontare leggendo un libro, e questo non è una passeggiata. In tutta sincerità ho adorato moltissime pagine di questo romanzo, ma se dovessi eleggere il mio “romanzone” ottocentesco preferito, non sarebbe lui a guadagnare la palma (quella rimane saldamente nelle mani di Tolstoj e del suo “Guerra e Pace”). Se siete appassionati di storia, di Napoleone, di Parigi però uno sforzo dovreste proprio farlo perché Hugo riesce a portarci per mano per la città e per quei tempi ormai passati con una maestria straordinaria. In fondo è o non è Victor Hugo?